Approfondimenti sulle tematiche
principali riguardanti l'HIV

L’AIDS è causato dal virus HIV, che, una volta introdotto nel corpo umano, causa un progressivo indebolimento delle difese immunitarie, rendendo l’organismo incapace di difendersi dalle infezioni.

Il virus HIV si insedia nell’organismo umano attraverso uno dei comportamenti definiti “a rischio” e si moltiplica rapidamente diffondendosi in tutti i tessuti dell’organismo.

Il virus non si manifesta in alcun modo: non è assolutamente “visibile” dall’esterno e non provoca solitamente effetti immediati.

È possibile individuarlo solo attraverso un apposito esame del sangue, che si esegue su una frazione del sangue chiamata “siero”: il test Elisa (o gli analoghi test CLIA, ELFA, MEIA) consiste in un normale prelievo di sangue che, analizzato, diagnostica la presenza o meno dell’infezione da Hiv.

Perché in Italia la diffusione del virus è ancora così alta? L’assenza di sintomi, associata al potenziale rischio di contagio verso altri, è una delle cause principali della diffusione del virus. Una valida arma per frenare la diffusione del virus è, insieme alla prevenzione, la diagnosi precoce: se un individuo ritiene di essersi esposto ad un comportamento a rischio è tenuto ad effettuare il test al più presto.

Quanto tempo passa prima che si sviluppi la malattia conclamata (AIDS)? Il virus si insedia nell’organismo e per circa 8-10 anni, mediamente, non produce effetti evidenti: solo dopo questo lungo periodo, il virus mina in modo significativo il sistema immunitario, al punto che quest’ultimo non è più in grado di difendersi da quelle infezioni opportunistiche che, in assenza del virus, sarebbe in grado di debellare con facilità. Solo in questo momento, diagnosticata un’infezione di una certa gravità, il medico conclama la malattia e il soggetto è dichiarato malato di AIDS. In assenza di terapie, l’organismo umano è in grado di difendersi ancora per uno o due anni prima di soccombere.

In che modo quindi il virus si può diffondere da una persona all’altra?

Il contagio si verifica solo nel caso in cui il virus entri direttamente nella circolazione sanguigna

Perché ciò avvenga, i liquidi biologici infettanti devono penetrare nell’organismo attraverso una ferita, un abrasione o un’infiammazione cutanea della persona ricevente. È opportuno precisare che la pelle integra è una garanzia di protezione.

Sostanzialmente, questo avviene attraverso tre vie: i rapporti sessuali (via sessuale) lo scambio di sangue (via ematica) da madre a figlio durante la gestazione e il parto (via verticale o transplacentare).

Durante un rapporto sessuale, il virus passa da un individuo all’altro quando lo sperma o le secrezioni vaginali infette entrano in contatto con le mucose, soprattutto se esse presentano una lacerazione, un’abrasione, un tessuto infiammato, dell’individuo ricevente. Il rischio di contagio è presente quindi nei rapporti sessuali vaginali ed anali indipendentemente dalla natura dei rapporti tra i partner, etero/omosessuali. Rispetto ai rapporti oro-genitali, vi è unanimità di pensiero sul fatto che quelli “ricevuti” non siano a rischio. Rispetto a quelli praticati, si considera un rischio teorico (soprattutto in caso di eiaculazione in bocca) e si consiglia di proteggersi e/o fare il test. Va detto che non si rilevano particolari evidenze scientifiche di tale rischio. Il test, in ogni caso, toglie qualsiasi dubbio.

È facile infettarsi attraverso il sangue? Per quanto concerne la via ematica, il rischio statisticamente rilevante è quello che riguarda lo scambio di siringhe tra tossicodipendenti. Decisamente meno rilevante è l’evento accidentale (incidente automobilistico, colluttazione, etc.). Tra le possibili cause di contagio bisogna anche considerare quelle che possono avvenire in ambito sanitario (operazioni chirurgiche, interventi odontoiatrici, trasfusioni) o estetico (tattooing, piercing, etc.). Va detto che l’adozione delle corrette misure di prevenzione igienico sanitaria annulla tali rischi. Per le trasfusioni il rischio è ormai nullo nei paesi occidentali, mentre per tutte le altre cause esiste tuttora un rischio teorico.

Una donna con HIV può avere figli sani? Nel passato il contagio si verificava circa nel 20-25% dei casi; ora, se è nota l’infezione materna, con le terapie, una serie di attenzioni durante il parto e l’allattamento artificiale del bimbo, la probabilità che il nascituro si contagi è minore dell’1%. È importante osservare che un bimbo nato da madre con HIV è sempre HIVpositivo alla nascita poiché possiede gli anticorpi che la madre gli ha ceduto insieme al suo patrimonio immunologico. Se il nascituro non ha il virus, dopo un certo periodo di tempo (12 – 14 mesi) gli anticorpi decadono e scompaiono: in questi casi si suole dire che il bimbo si è “sieronegativizzato”. Se invece il neonato è stato infettato dal virus, allora il livello degli anticorpi rimane alto, dato che tali anticorpi vengono continuamente generati dall’organismo del bimbo stesso.

Liquidi biologici interessati da virus dell’HIV
Il virus HIV è presente in tutti i liquidi dell’organismo. Però solo alcuni di questi sono potenzialmente infettanti. I liquidi biologici che possono trasmettere il virus sono: il sangue, le secrezioni vaginali, lo sperma, il liquido preiaculatorio. Negli altri liquidi il virus è comunque presente ma con un concentrazione e con una carica aggressiva tali da non provocare il contagio e questo é scientificamente provato; in altre parole la saliva, le lacrime, l’urina e il sudore non sono in grado di provocare il contagio.

La prevenzione dal contagio per via sessuale si ottiene solo con l’astensione, con la fedeltà continua oppure con il profilattico. Usando l’acronimo inglese si parla di strategia ABC, ossia Abstinence, Be faithfull, Condom, a cui si può aggiungere la D di Drugs. Il termine è inteso come farmaci e sintetizza 3 strategie di prevenzione: TasP, PreP e Pep.

Tasp, cioè Trattamento come Prevenzione, prevede che una persona consapevole di avere contratto l’infezione che si cura adeguatamente, raggiunga uno stato di viremia (quantità di virus nel sangue/secrezioni) non rilevabile . Una persona che raggiunge e mantiene questo stato NON trasmette il virus ad altri, nemmeno durante un rapporto sessuale non protetto dal preservativo. Il concetto rivoluzionario è ben sintetizzato nello slogan U=U (Undetectable=Untransmittable) che in italiano suona N=N, Non rilevabile significa Non trasmissibile.

PreP, cioè profilassi pre-esposizione:  alcuni farmaci antiretrovirali hanno anche un’efficacia preventiva in persone ad alto rischio di infezione da HIV. Correttamente assunta, sotto stretto controllo medico, si è dimostrata efficace nel prevenire l’acquisizione dell’infezione da HIV.

Pep, cioè profilassi post-esposizione, prevede la possibilità di prescrivere secondo precisi protocolli sanitari, una terapia antiretrovirale nelle ore immediatamente successive (entro 48 ore) ad un evento ad alto rischio di infezione per circa 4 settimane. Dati gli effetti collaterali, è un’opportunità da valutare con molta cautela.

Qualsiasi altra forma di difesa (anticoncezionali diversi dal profilattico, coito interrotto, etc.) non è assolutamente valida per prevenire dal contagio. Se si sceglie il profilattico, questo deve avere alcune caratteristiche, deve infatti essere: di qualità; conservato in luogo idoneo (non nel portafogli o al sole sul cruscotto della macchina); utilizzato prima della data di scadenza; indossato dall’inizio del rapporto; utilizzato una sola volta; utilizzato senza lubrificanti (burro o vaselina) che ne possono alterare le caratteristiche fisiche di elasticità e impermeabilità. È bene precisare che il profilattico si può rompere durante il rapporto e, in quel caso, va effettuato il test.

Comunque, l’uso costante del profilattico è la forma di prevenzione più semplice ed efficace. Prima di avere rapporti non protetti è consigliabile che entrambi i partner effettuino il test. La fedeltà a quel punto protegge dal virus, ma ciò comporta rispetto, onestà e senso di responsabilità reciproci.

In tutti i casi in cui non sia disponibile il profilattico e/o non vi sia certezza sulla propria e altrui salute rispetto all’infezione da HIV, meglio astenersi dal rapporto a rischio.

La prevenzione dal contagio per via ematica è molto semplice: basta astenersi dal toccare il sangue, oppure premunirsi di guanti in lattice monouso; nel caso dei tossicodipendenti, l’uso di siringhe monouso è sufficiente per azzerare la probabilità di contagio. In ogni caso, la pelle integra è una barriera insuperabile per il virus.

Infine, il contagio per via verticale può essere ben prevenuto applicando le più recenti tecniche e procedure e, soprattutto, applicando al più presto la terapia. Per questo motivo è consigliabile che tutte le donne in gravidanza si sottopongano al test.

Il test è fortemente consigliato a tutte quelle persone che ritengono di aver avuto un comportamento a rischio.

Se il comportamento non è a rischio è inutile fare il test.

Nel caso in cui i dubbi permangano oppure non ci si senta tranquilli, consigliamo di approfondire la questione con un medico, il quale eventualmente consiglierà il test.

È possibile accorgersi di essersi infettati senza fare il test?
L’individuo HIVpositivo non ha modo di accorgersi del suo stato, se non attraverso il test: la presenza del virus, infatti, è del tutto asintomatica, cioè priva di sintomi. Il soggetto HIVpositivo è peraltro contagioso: attraverso un comportamento a rischio può infatti trasmettere il virus ad altri, a partire dal momento stesso del suo avvenuto contagio.

Il test è un semplice prelievo di sangue e può essere effettuato seguendo la prassi applicata per tutti gli esami di laboratorio: è sufficiente recarsi dal proprio medico, richiedere la prescrizione del test per l’HIV, recarsi presso un qualsiasi laboratorio pubblico o privato ed effettuare il prelievo pagando il ticket.

Solitamente sono disponibili procedure alternative che, oltre a garantire la privacy, sono gratuite.

A Bergamo, è possibile eseguire il test HIV  anonimo e gratuito presso l’ASST Papa Giovanni XXIII, nell’ambulatorio IST (Infezioni Sessualmente Trasmesse) che si trova all’ingresso 47. Qui, dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 11.30, si possono eseguire tutti gli screening per le infezioni sessualmente trasmesse e ricevere un servizio di counselling  (info  0352673722).

I test comunemente utilizzati in Italia sono Elisa e ComboTest.

Elisa è un test di terza generazione, che non ricerca direttamente  il virus, ma gli anticorpi da esso prodotti. Esiste dunque un periodo cosiddetto Finestra, in cui il test può risultare negativo nonostante l’avvenuta infezione. Si consiglia pertanto di non sottoporsi al test prima di un mese e di ripeterlo in caso di negatività dopo tre mesi dall’evento a rischio.

I test di quarta generazione o Combotest oltre a cercare gli anticorpi rilevano contemporaneamente la presenza di una particolare proteina, l’antigene P24, che compare e aumenta di molto già dopo pochi giorni dall’avvenuto contatto, abbattendo quindi la lunghezza del Periodo Finestra. Questo tipo di test è considerato affidabilissimo già ad un mese, e le indicazioni del Ministero indicano in 40 giorni l’intervallo in cui ripetere il test in caso di negatività.

In caso di positività al test Elisa o al test combinato, si esegue il Western Blot che è un test di II livello o di conferma.

Esistono anche test rapidi che consentono di rilevare nel giro di una ventina di minuti l’eventuale contagio, prelevando alternativamente una piccola quantità di sangue oppure di saliva. Molte delle associazioni di attivisti propongono iniziative di somministrazione di test rapidi salivari nelle loro sedi oppure in alcuni luoghi considerati strategici nella lotta alla diffusione del virus, accompagnandolo da un’attività di pre e post counselling che mira ad intercettare immediatamente le criticità qualora un utente si scopra positivo, ma anche a diffondere maggior consapevolezza dei rischi e delle modalità di prevenzione.

Da dicembre 2016, è possibile eseguire un self test a casa propria, acquistando il kit nelle farmacie italiane. Richiede il prelievo di una goccia di sangue dal dito e la lettura è molto simile ad un test di gravidanza. Il costo si aggira intorno ai 20 euro. In questo caso, viene meno la preziosa funzione del counselling.

Comunque, in ogni caso di positività dei test rapidi, la persona deve recarsi in un centro di malattie infettive per sottoporsi ad un test di conferma e per farsi prendere in carico dai medici.

I farmaci attualmente disponibili permettono di arrestare l’attività del virus (replicazione virale) ed evitare la comparsa dei sintomi della malattia vera e propria, l’AIDS. Spesso, anche in caso di diagnosi tardiva, riescono a bloccare il virus e consentire il graduale recupero del sistema immunitario.

Mentre da un lato è indubbio il salto di qualità terapeutico garantito da questi farmaci, soprattutto di recente generazione, dall’altro bisogna rimarcare che assumere una terapia a vita non è semplice.

Nonostante i progressi fatti dalla scienza farmacologica, alcuni effetti collaterali sono talvolta fastidiosi e difficili da tollerare per alcuni individui. Inoltre, una caratteristica della terapia è quella di essere composta da più principi attivi e quindi da pillole da assumere più volte nell’arco della giornata; negli ultimi anni, i progressi della ricerca farmacologica hanno consentito di semplificare notevolmente anche questo aspetto e oggi vengono spesso proposte terapie che si assumono una sola volta al giorno, anche in singola compressa. Infine, la terapia deve assunta con molta costanza ed attenzione; la sua interruzione, soprattutto se ripetuta, o modalità di assunzione troppo irregolari possono provocare lo sviluppo di resistenze da parte del virus, rendendo progressivamente inefficace l’assunzione di quei farmaci e, se è vero che vi sono varie alternative farmacologiche, le possibilità non sono infinite.

Come già sottolineato, l’assunzione corretta dei farmaci e l’azzeramento della viremia, che deve essere costantemente monitorato attraverso i necessari controlli ospedalieri periodici, eliminano il rischio di contagiare altre persone.

Per le conoscenze attuali, sembra ancora impossibile eradicare completamente il virus una volta che esso ha contagiato l’organismo di una persona. Molti studi e sperimentazioni sono in atto per raggiungere questo obiettivi.
I protocolli terapeutici attuali prevedono che la terapia abbia sostanzialmente inizio sin dal momento della prima diagnosi al fine di prevenire qualsiasi danno al sistema immunitario, di azzerare la possibilità di contagiare altre persone e di garantire maggiore efficacia delle terapie anche nel lungo periodo.
Per quanto riguarda la messa a punto di un vaccino, i tempi sembrano ancora lunghi e attualmente non si hanno certezze rispetto alle possibilità di raggiungere questo risultato.

Fin dalla sua comparsa l’Aids si è configurato come un fenomeno complesso le cui implicazioni sono andate ben oltre il confine sanitario, investendo in pieno la sfera sociale e quella dei diritti.

Essere persone positive all’Hiv o malate di Aids ha voluto dire, troppo spesso, essere costrette a nascondersi, subire discriminazioni in ogni campo della vita e vedersi negati i diritti di cittadinanza.

Per contrastare questo pesante clima di discriminazione è stata varata nel 1990 la Legge 135, nella quale si afferma che la positività all’Hiv non può essere motivo di licenziamento, che il test dell’Hiv non può essere richiesto per le assunzioni, né svolto all’insaputa della persona interessata. Si è voluto cioè ribadire, attraverso la Legge 135/90, il principio costituzionale a non subire discriminazioni per motivi di salute.

Oggi, a distanza di tanti anni, l’Hiv fa forse meno paura ma lo stigma è ancora troppo numerose sono le segnalazioni da parte di persone che vivono con l’Hiv e che, in molti casi, denunciano discriminazioni subite nel mondo del lavoro.

In ambito lavorativo non c’è rischio specifico di trasmissione del virus Hiv.

Laddove sussistano dei rischi professionali, la legge già prevede l’obbligo per il datore di lavoro (lo stesso vale per gli ambienti scolastici) di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei propri dipendenti (ad esempio guanti e mascherina per operatori sanitari). L’adozione di precauzioni a carattere universale tutela tutti i lavoratori da ogni genere di rischio connesso all’attività lavorativa; non si tratta quindi di misure specifiche per l’Hiv da adottare solo in presenza di persone con Hiv. Per questo è irrilevante conoscere lo stato sierologico di un dipendente, di un collega (come di un bambino con HIV inserito a scuola).

I Ministeri della Salute e del Lavoro hanno emanato nel 2013 una circolare per rispondere ufficialmente alle numerose richieste di chiarimento in merito alla legittimità di richiedere il test Hiv ai lavoratori. In questa circolare si sottolinea che l’Hiv non si trasmette attraverso il contatto occasionale e che la presenza sul luogo di lavoro di persone con Hiv non è un rischio per la sicurezza; viene inoltre ricordato che, laddove sussista un rischio professionale, vi è l’obbligo di adottare precauzioni di carattere universale.

Il test Hiv non può dunque essere richiesto indiscriminatamente a tutti i lavoratori.

Eventuali norme specifiche di settore, che richiedano l’accertamento della negatività all’Hiv come condizione di idoneità ad uno specifico servizio (ad esempio presso le forze militari), devono essere motivate da una effettiva condizione di rischio nei confronti di terzi. Per evitare possibili abusi, tale rischio deve essere verificabile, avvalorato dalle conoscenze scientifiche più avanzate e valutato caso per caso anche in relazione alla qualifica professionale e alle condizioni di salute del singolo lavoratore. In tutti i casi vi è l’obbligo di fornire al lavoratore adeguate informazioni sul significato degli accertamenti sanitari e di ottenere il suo consenso al test Hiv.

Un ambito in cui si assiste ancora a discriminazioni più o meno evidenti è, paradossalmente, quello sanitario, per esempio in caso di cure odontoiatriche o esami particolari di tipo invasivo (gastroscopia, endoscopia, ecc.) non tanto rifiutando in modo esplicito le cure quanto inserendo le persone con HIV in giorni speciali o alla fine degli interventi di giornata; si tratta di atteggiamenti illegittimi e assurdi in quanto, tra l’altro diverse persone con HIV non sono consapevoli della propria condizione e quindi non possono comunicarla. Le precauzioni vanno prese sempre e con tutti.

Anche in ambito scolastico è illegittimo chiedere il test per HIV, divulgare informazioni sull’eventuale infezione da HIV di un bambino o limitarne in qualunque modo la possibilità di frequenza scolastica e partecipazione ad attività di qualsiasi genere.

HIV & AIDS: i numeri

"L’epidemia globale di HIV/AIDS è una crisi senza precedenti che richiede risposte senza precedenti. In particolare ci richiama alla solidarietà – tra sani e malati, tra ricchi e poveri, ma soprattutto tra nazioni ricche e nazioni povere. Abbiamo già 30 milioni di orfani. Quanti ne servono ancora per svegliarci?"
-Kofi Annan-

L'HIV in Italia

Stima totale di persone con HIV (2023)

Nuove diagnosi di HIV (2023)

Persone malate di AIDS dichiarate (fino al 2021)

La situazione epidemiologica italiana è monitorata dall’Istituto Superiore di Sanità, che emette ogni anno un bollettino coi dati aggiornati.

Secondo i dati del COA relativi al 2023, si tratta nell’86.3% dei casi di infezioni che avvengono per via sessuale, l’incidenza maggiore si rileva nelle persone tra i 30 e i 39 anni e in questa fascia di età l’incidenza nei maschi è 3 volte superiore a quelle delle femmine. .

Si stima, (studio del 2023) che il numero totale di persone viventi con HIV/AIDS in Italia sia di circa 142.000 casi di cui almeno 8500 non sono consapevoli dell’infezione poiché non hanno mai fatto il test. Resta preoccupante il fatto che quasi il 60% delle persone giunge alla diagnosi tardivamente, spesso già in fase di AIDS conclamata. Questo dato è peggiore rispetto alla media europea.

Nell’ultimo decennio, in Italia, il numero di persone che scopre di aver contratto l’infezione da HIV ha mostrato un andamento in tendenziale calo, le nuove diagnosi erano scese dai 2500 casi del 2019 a poco più di 1300 casi nel 2020. Dopo il forte calo del 2020 legato all’impatto dell’emergenza Covid, nell’ultimo triennio, 2021-2023, i dati nazionali e locali, evidenziano un aumento delle nuove diagnosi..

Nel 2023, sono state effettuate 2.349 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a 4,0 nuovi casi per 100.000 residenti, ma si stima un ritardo di notifica che porterà il dato definitivo a superare i 2.500 casi.

Nell’ultimo decennio è aumentata la quota di persone a cui è stata diagnosticata tardivamente l’infezione da HIV (persone in fase clinicamente avanzata, con bassi CD4 o in AIDS). Nel 2023, il 41,4% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV è stato diagnosticato tardivamente con un numero di linfociti CD4 inferiore a 200 cell/μL e il 60,0% con un
numero inferiore a 350 cell/μL. Una diagnosi HIV tardiva (CD4<350cell/μL) è stata riportata nel 66,8% degli eterosessuali maschi e nel 63,0% delle eterosessuali femmine.
Nel 2023, più di un terzo (35,0%) delle persone con nuova diagnosi HIV ha eseguito il test per sospetta patologia HIV o presenza di sintomi HIV correlati. Altri principali motivi di esecuzione del test sono stati: comportamenti sessuali a rischio (19,6%), controlli di routine o iniziative di screening a seguito di campagne informative (12,2%) e accertamenti per altra patologia (7,4%). Questi ultimi due motivi di testing hanno visto una proporzione in aumento tra il 2021 e il 2023.

Un altro dato significativo riguarda la percentuale di persone diagnosticate che hanno raggiunto la cosiddetta “soppressione virale”, stato che dipende dalla corretta e costante assunzione delle terapie e che determina la non trasmissibilità del virus (U=U).

Nel 2014 per ridurre la trasmissione di HIV a livello di comunità, UNAIDS lanciò l’obiettivo “90-90-90”, da raggiungere entro il 2020, secondo il quale il 90% delle persone che vivono con HIV dovrebbe ricevere una diagnosi, il 90% delle persone che ha ricevuto una diagnosi dovrebbe essere in terapia con farmaci antiretrovirali (ART) e il 90% delle persone in ART dovrebbe raggiungere la soppressione virale (SV). Tale obiettivo è stato successivamente innalzato al “95-95-95” per il 2025.

Con questi tre indicatori del Continuum of Care (CoC) vengono misurati i progressi dei paesi verso gli obiettivi di controllo dell’infezione da HIV. Il raggiungimento di tutti e tre gli obiettivi fornisce indicazione sui livelli di SV dell’intera popolazione con infezione da HIV e, in questo caso, le soglie obiettivo sono 73% per il 2020 e 86% per il 2025.

I dati a disposizione dicono che delle 142.000 persone con HIV stimate in Italia, circa 25.000 non abbiano raggiunto la soppressione virale. Di queste, come già evidenziato, circa 8.500 non hanno nemmeno ricevuto una diagnosi, le restanti, per varie ragioni, non assumono la terapia o non la assumono correttamente.

In Italia, globalmente, dal 2012 al 2021 i tre indicatori del CoC mostrano un continuo incremento, tutti oltre l’obiettivo “90-90-90” dal 2017 in poi con un graduale miglioramento verso l’obiettivo “95-95-95”.

Di fatto, i progressi ottenuti hanno comportato un dimezzamento del numero di persone con HIV che non sono in SV, che ha contribuito alla contrazione del numero di nuove infezioni e di conseguenza delle nuove diagnosi. Tuttavia, come già evidenziato, nel 2021 una parte non trascurabile delle persone con HIV, circa 25.000, non è in SV. In particolare, emergono criticità nel raggiungimento degli obiettivi di contenimento dell’infezione per sottopopolazioni difficili da raggiungere come gli IDU (consumatori di sostanze per via iniettiva). Anche l’esperienza sul campo dimostra come particolari difficoltà nella Retention in Care riguardino le popolazioni più vulnerabili, oltre agli IDU, le persone senza dimora, parte della popolazione straniera, persone con fragilità personali di natura psico-sociale, sex workers.

Nella provincia di Bergamo, negli ultimi 5 anni abbiamo osservato un costante decremento delle nuove diagnosi di infezioni da HIV, una riduzione della differenza tra il numero totale delle persone con infezione e quelle che sono consapevoli di esserlo (diagnosticati) ed un costante incremento delle persone trattate farmacologicamente e con viremia soppressa. Ciò ha permesso di raggiungere l’obiettivo 95-95-95 già nell’anno 2021 e di consolidarlo ulteriormente nel 2022 e nel 2023.

Nel 2023, a Bergamo sono state diagnosticate 60 nuove infezioni da HIV, il 55% erano diagnosi tardive.

L'HIV nel mondo

persone viventi colpite dal virus HIV o malate di AIDS (fine 2023)

Nuove infezioni nel 2023

Persone decedute a causa dell'AIDS (2023)

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha stabilito per il 2030 gli obiettivi 95-95-95, per porre fine all’AIDS come minaccia per la salute pubblica. Nel 2023 la risposta globale all’HIV si è avvicinata all’obiettivo: meno persone hanno contratto l’HIV rispetto a qualsiasi altro momento dalla fine degli anni ’80. Quasi 31 milioni di persone hanno ricevuto una terapia antiretrovirale salvavita, un successo per la salute pubblica che ha ridotto il numero di decessi correlati all’AIDS al livello più basso dal picco del 2004. Nell’Africa subsahariana, questi successi hanno portato a un rimbalzo dell’aspettativa di vita media da 56,3 anni nel 2010 a 61,1 anni nel 2023.

Tuttavia, i progressi sono molto irregolari. La risposta globale all’HIV si sta muovendo a diverse velocità: rapida nei paesi più ricchi, relativamente rapida nell’Africa subsahariana, ma esitante nel resto del mondo. Il numero di persone che contraggono l’HIV sta aumentando in almeno 28 paesi, alcuni dei quali hanno già epidemie sostanziali. Molti programmi per l’HIV trascurano ancora le persone delle popolazioni chiave, esponendole ad alti rischi di contrarre l’HIV. 9,3 milioni [7,4 milioni-10,8 milioni] di persone che necessitano di cure salvavita non hanno accesso alla terapia. La copertura del trattamento continua a essere più bassa tra gli uomini e tra le persone delle popolazioni chiave, soprattutto nell’Africa subsahariana , ed è particolarmente bassa tra i bambini.

A livello globale, circa il 39% in meno di persone ha contratto l’HIV nel 2023 rispetto al 2010, con l’Africa subsahariana che ha raggiunto la riduzione più ripida (-56%). Tuttavia, si stima che 1,3 milioni [1,0 milioni-1,7 milioni] di persone abbiano contratto l’HIV nel 2023, oltre tre volte in più rispetto all’obiettivo di 370.000 o meno nuove infezioni nel 2025. Tre regioni stanno registrando un numero crescente di nuove infezioni da HIV: Europa orientale e Asia centrale, America Latina, Medio Oriente e Nord Africa.

Per la prima volta nella storia della pandemia di HIV, si verificano più nuove infezioni fuori dall’Africa subsahariana che nell’Africa subsahariana. Ciò riflette sia i risultati ottenuti in materia di prevenzione in gran parte di questa regione sia la mancanza di progressi comparabili nel resto del mondo, dove le persone delle popolazioni chiave e i loro partner sessuali continuano a essere trascurati nella maggior parte dei programmi per l’HIV.

Sono molti meno i bambini di età compresa tra 0 e 14 anni che contraggono l’HIV, una tendenza dovuta in gran parte ai successi nell’Africa orientale e meridionale, dove il numero annuale di nuove infezioni da HIV nei bambini è diminuito del 73% tra il 2010 e il 2023. Il calo complessivo delle infezioni verticali da HIV, tuttavia, ha rallentato notevolmente negli ultimi anni, in particolare nell’Africa occidentale e centrale. Si stima che 120.000 [83.000-170.000] bambini abbiano contratto l’HIV nel 2023, portando il numero totale di bambini che vivono con l’HIV a livello globale a 1,4 milioni [1,1 milioni-1,7 milioni], l’86% dei quali si trova nell’Africa subsahariana.

L’ampliamento dell’accesso alla terapia antiretrovirale, in gran parte fornita gratuitamente e tramite il settore sanitario pubblico, ha più che dimezzato il numero annuale di decessi correlati all’AIDS, da 1,3 milioni [1,0 milioni-1,7 milioni] nel 2010 a 630.000 [500.000-820.000] nel 2023. tra cui 76.000 [53.000-110.000] bambini di età compresa tra 0 e 14 anni: una persona su otto morta a causa dell’AIDS nel 2023 era un bambino

I programmi di trattamento stanno anche riducendo il numero di nuove infezioni da HIV. Si stima che 30,7 milioni [27,0 milioni-31,9 milioni] di persone abbiano ricevuto il trattamento per l’HIV nel 2023. Il mondo può ridurre il numero di decessi correlati all’AIDS a meno dell’obiettivo del 2025 di 250.000 se raggiunge ulteriori rapidi aumenti nella diagnosi e nella fornitura del trattamento per l’HIV alle persone che vivono con l’HIV

Tutti i dati di questa pagina sono aggiornati a gennaio 2025.

Link utili

Ministero della Salute

Conoscere HIV e AIDS, tutte le news e le informazione dal Ministero della Salute italiano

Aiuto AIDS svizzero

L’Aiuto Aids Svizzero raccoglie informazioni in tema di HIV e Aids, le organizza e le mette a disposizione di chi opera nel settore della consulenza e assistenza.

LILA – Lega italiana lotto contro l’AIDS

Associazione senza scopo di lucro nata nel 1987 che agisce sull’intero territorio nazionale attraverso le sue sedi locali

Anlaids

Associazione nata in Italia per fermare la diffusione dell’infezione da Hiv. È stata fondata nel 1985 da un gruppo di medici, ricercatori, giornalisti, attivisti e volontari mossi dalla necessità di “fare rete”

ASA

Servizio telefonico d’informazione e attività di solidarietà nei confronti delle persone sieropositive o malate di AIDS al fine di restituire dignità

NPS – Network persone sieropositive

È il primo gruppo in Italia fondato esclusivamente da persone Hiv+, attive nel campo della prevenzione, sensibilizzazione, informazione e supporto psico-sociale per le problematiche legate all’Hiv-Aids, sia in ambito regionale che nazionale

Poloinformativo HIV/AIDS

Un sito web, tante storie parallele con un comune denominatore: l’ HIV

CICA – Coordinamento italiano delle case alloggio per persone con HIV/AIDS

Accoglienza “abitativa” alle persone sieropositive o con AIDS che non dispongono di una casa o di un nucleo di riferimento in grado di sostenerle, anche temporaneamente

HELP AIDS

Motore di informazioni del Servizio sanitario regionale dell’Emilia-Romagna

Plus Onlus-Persone LGBT sieropositive

Associazione bolognese di persone HIV+, impegnata sul fronte della prevenzione e della lotta allo stigma, in particolare nella comunità LGBT.

UNAIDS

Programma dedicato delle Nazioni Unite per la lotta all’AIDS

World Healt organization

Organizzazione mondiale della sanità, agenzia speciale dell’ONU per la salute

Siti amici

Cooperativa Crisalide

L’obiettivo principale delle attività della Cooperativa Sociale Crisalide riguarda la prevenzione primaria del disagio giovanile attraverso la promozione delle capacità e delle risorse individuali e collettive.

Il Piccolo Principe

La cooperativa sociale Il Piccolo Principe offre spazi di ascolto e accompagnamento a persone con problematiche di dipendenza di varia natura e promuove attività di formazione.

Caritas Bergamo

“La Caritas assume una prevalente funzione pedagogica: il suo aspetto spirituale non si misura con cifre e bilanci, ma con la capacità che essa ha di sensibilizzare la Chiesa locale e i singoli fedeli al senso e al dovere della carità in forme consone ai bisogni e ai tempi”